INTRODUZIONE
Poco tempo è passato dalla caduta del Regno Longobardo e ancora viva doveva essere la memoria dell’indipendenza negli anziani che abitavano nel Centro-Nord Italia e che ora si ritrovavano improvvisamente all’interno di un impero. Le gerarchie di potere cambiarono, ma gradualmente, e portarono, più che a una sostituzione, a una fusione tra la nuova aristocrazia Franca e quella indigena Longobarda. La rete ducale fu sostituita da quella comitale e marchesale, le fedeltà dovettero rinnovarsi, nuove alleanze ed equilibri formarsi: questo è il Regnum Langobardorum nell’Impero Carolingio.
Siamo in pieni ‘Secoli Bui’, all’inizio dell’Epoca Vichinga (793 d.C.), in un’Europa rurale e feudale priva di forti poteri centrali. I punti di riferimento del cittadino di quei tempi erano i signori, i re, il vescovo di Roma, ma in primis le proprie relazioni locali. Siamo nell’Epoca d’Oro Islamica, il Mediterraneo era il lago di Allah, emiri e califfi avevano esteso la Dar Al-Islam (casa dell’Islam) su quasi tutta la Penisola Iberica, le Baleari, la Sicilia, Creta, Cipro, parte della Sardegna, arrivando addirittura a fondare due emirati nella Penisola Italiana (Taranto e Bari). Inoltre i musulmani insegnavano al mondo conosciuto l’arte, la filosofia e le scienze, recuperando i classici greci, i quali poi avrebbero innescato l’Umanesimo in Occidente.
Per gli europei erano secoli movimentati, in cui la cultura latino-germanica-celtica-slava poteva le basi del continente futuro. Un’Europa ancora pagana e ‘paganeggiante’, che la storiografia successiva avrebbe designato come ‘barbara’. Al contrario questi sono i secoli, troppo poco considerati, che hanno fondato tutto ciò che siamo, in un’incredibile miscela di ingredienti provenienti da Nord e Sud.
La stratificazione sociale era ancora abbastanza semplice, l’economia locale, la politica democraticamente concreta, il diritto legato alle tradizioni dei popoli, la religione variegata e folklorica, la letteratura e il sapere in gran parte orali. La stanzialità non si era ancora affermata e dal mare e dalla terra migrazioni e incursioni improvvise erano parte del quotidiano. Dal Sud, dal Nord e dall’Est, popoli di tutti i tipi minacciavano la vita dell’uomo altomedievale, basti pensare che nell’860 i Vichinghi arrivarono a saccheggiare la Badia Fiesolana risalendo il corso dell’Arno.
POLITICA
Ad ogni modo, vediamo alcuni caratteri di una società che non sapeva di essere ‘medievale’ ma che viveva in continuità con l’eredità materiale e immateriale della romanità. Nel IX secolo Carlo Magno si era proclamato Rex Francorum Langobardorum et Romanorum e, allo scopo di consolidare la storia del nuovo impero, aveva dato il via alla Rinascita Carolingia. Egli concentrò i più grandi intellettuali del tempo alla sua corte, si servì della Chiesa Romana e dell’Ordine Benedettino per mantenere il proprio potere capillarmente. Re Carlo divenne il prototipo del monarca europeo che sarebbe durato fino a oggi: un re assoluto scelto da Dio, primus inter inferiores. L’arrivo del nuovo imperatore in Italia cambiò solo gradualmente gli equilibri e le consuetudini politiche. I franchi importarono il loro sistema politico in cui amministrazione e giustizia erano deputate a vescovi, conti, balivi e missi dominici (funzionari regi). Esso sostituì il sistema, anche se non interamente, di duchi, gastaldi e sculdasci e si trovò a fare i conti con una realtà in cui dominava una classe sociale di ‘uomini liberi’.
È necessario ricordare che ciò che affermiamo vale principalmente per il Centro-Nord Italia, poiché sulle altre ‘Italie’, quella Bizantina, quella dei Longobardi meridionali e quella Araba, Carlo non riuscì mai a effettuare un dominio diretto. Il processo di inclusione nel Sacro Romano Impero del Regno Longobardo fu straordinario, poiché i nuovi dominatori lasciarono intatta l’esistenza politica e giuridica (Carlo Magno tenne in vigore il Diritto Longobardo) di quest’ultimo. La frontiera/marca più problematica fu quella friulana, dove l’autonomia dei duchi (Rotgaudo si ribellò e dopo la sua sconfitta fu sostituito dal filo-franco Everardo) rimase forte e la pressione Avara da est perdurava. Per quanto riguarda Venezia, essa fu oggetto di un tentativo di conquista franca (810) sventato però dalla flotta bizantina. Avvenimento che avrebbe plasmato la storia avvenire fu la permanenza sotto l’influenza di Costantinopoli della città lagunare e quindi una sorta di isola franca all’interno dell’impero franco. L’Emilia e la Toscana erano comandate de facto da un’élite locale ecclesiastica e laica (duchi Allone e Garamanno) e sui loro territori il Papa faceva non poche rivendicazioni, in primis in Toscana meridionale. Per molto tempo in realtà le terre del Centro Italia, dell’ex esarcato e dei vari ducati, rimasero con incerto padrone.
In generale, per portare ordine, Carlo Magno con il capitolare (legge emanata dai re franchi) dell’801 confermò la lex langobardorum e, tramite il sistema dei benefici, molte possessioni e concessioni a monasteri già sancite dai diplomi dei re Longobardi.
ECONOMIA E SOCIETÀ
In questo periodo l’amministrazione Longobarda e quella Franca si sovrapposero, così troviamo cariche come gli sculdasci e i gastaldi sottoposte ai vassalli e ai missi imperiali. In generale l’economia era basata sulla campagna, su circuiti locali e molte volte a regime d’autosufficienza. La moneta circolava in qualche centro urbano ma generalmente dominavano il baratto e la prestazione gratuita di lavoro. Le strade, attraverso le quali circolavano persone e merci, erano principalmente quelle sopravvissute del sistema viario romano, quelle romee e probabilmente gli antichissimi sentieri pre-romani. Oltre a esse dominavano ovviamente i percorsi sui crinali e lungo i fiumi, più veloci e sicuri. Sul mare, specialmente alle foci dei fiumi, si hanno banchine e mercati locali di smistamento dei prodotti che provenivano dal ricco Mediterraneo arabo.
Nonostante la complessiva ‘semplicità’ dell’economia alto-medievale europea si hanno proprio tra la fine del periodo Longobardo e l’inizio di quello Franco i primi segni di crescita. Ribadisco che con il presente articolo mi riferisco soprattutto all’Italia Centro-Nord. Il Meridione, facendo parte della sfera economico-culturale Arabo-Bizantina conservò una ricchezza e complessità sociale molto superiori alla media europea. Ad ogni modo in ambito rurale, tra l’VIII sec. e l’XI sec., si ebbe un graduale spostamento delle risorse da fattorie autonome a centri di gestione e raccolta delle curtes. I proprietari dei terreni iniziarono a rafforzare il loro controllo sul territorio e sugli abitanti circostanti creando dei poli di servizio per tutto ciò che concerneva la vita di campagna. I padroni di queste corti erano solitamente cavalieri, ma sempre più spesso anche enti ecclesiastici e ricchi mercanti (pensiamo ai Totonidi in Lombardia). I contadini si rifornivano di beni, strumenti e giurisdizione in questi centri di potere e, in cambio, donavano prodotti e manovalanza gratuita (corvées) nella pars dominica. Ricordiamoci che ancora l’età dei castelli doveva arrivare, non perché non ci fossero, bensì perché l’esplosione numerica di fortezze (molte volte personali, anche se dobbiamo tenere bene a mente che la separazione tra pubblico e privato non era netta come oggi) sarebbe avvenuta solo dal X sec..
Tale processo vide quindi una sorta di accumulazione originaria di capitale fondiario. Le élite compresero l’importanza di conquistare e patrimonializzare il contado al fine di costruire una duratura base di potere e ricchezza. Questi ‘imprenditori’ appartenevano a diversi strati sociali ma coloro che aprirono la countryside rush furono gli alti ufficiali del Regno/Impero (conti, marchesi, vassalli, missi, gastaldi etc.) e i vescovi cittadini (poi anche abati, nuovi aristocratici, piccoli e medi possidenti), i quali investirono in infrastrutture di controllo e gestione. Si formò quindi una miriade di aziende rurali, attorno a ‘fattorie magnatizie’ dominate inizialmente dal Langhaus (la Casa Lunga o Sala del signore di derivazione germanica, vd. i miei articoli sui Germani) nel quale risiedeva il proprietario. Molti villaggi che magari oggi sono cittadine nacquero così e solo col tempo il legno fu sostituito dalla pietra e la residenza del signore divenne una fortezza.
È interessante notare che, a quest’altezza cronologica, i grandi aristocratici preferivano ancora risiedere nei centri urbani e solo dopo l’anno 1000 avremo la ‘ruralizzazione’ permanente delle aristocrazie (laddove nel Nord Europa l’aristocrazia è sempre vissuta in campagna). I motivi di questo Landnahme (conquista di terre) del contado erano non solo economici ma anche di status sociale. In una società a raggio ristretto, caratterizzata da incertezza (siamo nell’età delle ultime grandi migrazioni/invasioni, vichinga, araba, magiara etc.), con molte terre ‘vergini’ e inutilizzate gli uomini compresero l’enorme potenziale ricchezza che stava nella natura intorno a loro. Il disboscamento, la messa a coltura di nuove terre, la bonifica di paludi, l’acquisto di bestiame furono gli investimenti portati avanti con costanza nei due-tre secoli precedenti al Mille. In tutto ciò si mescolavano azioni di laici e clero, molte volte appartenenti alle stesse famiglie, e si iniziano a fondare castelli, chiese e monasteri per proteggere e controllare meglio il territorio conquistato. A tal proposito Marco Valenti ha parlato di ‘reincastellamento’ piuttosto che di incastellamento, poiché molte fortificazioni non furono ex-novo, bensì restauri di fortezze già presenti.
In tutto questo sviluppo si ebbero i graduali processi sociali di acquisizione, donazione, eredità e patronato di proprietà. Alla fine dell’VIII sec le leggi longobarde menzionarono per la prima volta i negotiatores, segno di un’ascesa del ceto mercantile. Come alcuni esempi nel territorio di Castel Seprio testimoniano troviamo una serie di attori quali Alchar di Sumirago, missus domni imperatoris, il gastaldo Rothenus, il conte Leone (attivo sotto l’imperatore Lotario e che lascerà i suoi averi al monastero milanese di Sant’Ambrogio), Rottpert di Agrate, il gasindio Taidone, la badessa Aliperga, Walderich gastaldo di Milano, Draco e Scaptoald di Sumirago, la famiglia dei Totonidi mercanti (tra i quali Toto, Walderada, Manigunda), etc.. Franchi e Longobardi collaborano e costruiscono il nuovo Regnum Italiae (Centro-Nord Italia).
A ridosso del Mille avremo ulteriori cambiamenti. I proprietari terrieri daranno il via alla costruzione massiccia di castelli, all’istituzione della signoria di banno (dal germanico ban, nella quale il signore aveva poteri giurisdizionali, amministrativi e politici sul territorio, in precedenza prerogative pubbliche) e alla costruzione di reti economiche di ampio spettro che facessero arrivare nell’entroterra prodotti in precedenza presenti solo nelle zone costiere.
POLITICA POST-CAROLINGA
Per dare un’ultima cornice storica è necessario ricordare che l’Età Carolingia del Sacro Romano Impero fu solo quella iniziale nel IX sec.. Dopo la morte del figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio, l’impero si spezzò in tre parti. La parte del Regno d’Italia fu ereditata da Lotario nell’840 e poi da suo figlio Ludovico II nell’850. Quest’ultimo cercò di combattere i musulmani nel Sud anche con l’aiuto dell’imperatore bizantino Basilio I ma senza ottenere successi duraturi. Alla morte di Ludovico si susseguì una serie di eredità e litigi tra Carlo il Calvo (dei Franchi Occidentali) e Ludovico il Germanico (dei Franchi Orientali) e, dopo la morte anche di questi, il Regno d’Italia passò nelle mani di Carlomanno di Baviera e Carlo III il Grosso. Quest’ultimo fu deposto nell’887 dagli aristocratici dell’impero per l’incapacità di fronteggiare le incursioni Vichinghe. Nel Regnum i nobili decisero di eleggere essi stessi il re, dando il via a una fase di grande debolezza del potere centrale, nel quale i sovrani molte volte non avevano legami di sangue con Carlo Magno. In questo periodo, chiamato ‘Anarchia Feudale’, furono eletti sovrani come Berengario I Marchese del Friuli, Guido da Spoleto, Lamberto II di Spoleto, Ludovico di Provenza e altri. Furono anni tormentati da decine di risvolti politici e guerre tra famiglie aristocratiche, in aggiunta alle invasioni devastanti degli Ungari e alla crisi della Chiesa Romana, che nel 897 organizzò, per volontà di Papa Stefano VI, il famoso ‘Sinodo del cadavere’, in cui fu processato, interrogato e giustiziato il corpo morto riesumato di Papa Formoso (trovato colpevole nonostante una sicuramente energica difesa).
Al di là della confusione è importante sottolineare la persistenza di un’identità Longobarda, di una comunità legata alla lex Langobardorum, all’incoronazione nella città dei re, Pavia, e nella Basilica di San Michele, l’arcangelo guerriero dei Longobardi. Gli attori politici erano gli eredi di ducati, contee e marchesati delle terre del Regno, uomini e donne che facevano la storia dell’Italia del Nord, anche senza divenire monarchi, come ad esempio: il Duca Eberardo del Friuli, la Duchessa Gisella di Baviera (madre di Ingeltrude, nonna di Enrico l’Uccellatore), la Duchessa Ageltrude di Spoleto, il Marchese Adalberto II di Toscana, il Conte Manfredo VII di Lodi, il Conte Waltfred di Verona, la Marchesa Berta di Lotaringia e Toscana, il Marchese Ascario I d’Ivrea e molti altri.
Una realtà, quella dell’ex Regno Longobardo, in grande fermento, con una crescita economica lenta ma costante guidata dall’iniziativa di strati sociali sempre più diversi e una politica viva e policentrica, segnata dall’azione di grandi donne e grandi uomini.
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BIBLIOGRAFIA
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