Il Grand Tour interessava molti paesi dell’Europa ma la penisola italica rimaneva la metà più ambita. I viaggiatori stranieri che arrivavano qui volevano toccare con mano quello che a lungo avevano studiato e letto sui libri, perfezionando così le loro conoscenze in campo storico e artistico. Per quanto i viaggiatori del XVIII secolo si interessassero di filosofia naturale, l’attenzione si concentrò sul paesaggio (trascurato dai viaggiatori dei secoli precedenti) ma lo spazio urbano rimaneva comunque al centro di ogni proposito di viaggio. L’Italia divenne un crocevia di viaggiatori inglesi, francesi, tedeschi ma anche russi, polacchi, fiamminghi, olandesi, svedesi, lituani, tutti accomunati dal desiderio di conoscere le bellezze del Belpaese, il quale rappresentava il momento massimo della loro formazione.
- Il Viaggio in Italia nel Settecento
Il viaggio in Italia è uno dei grandi temi della cultura europea, attraversa le varie letterature ed è forma di rielaborazione retorica di uno spazio geografico. Le suggestioni relative a un paese che faceva parte della coscienza culturale che nascono da un patrimonio di letterature condivise e da deposito familiare di memorie che risaliva ai loro primi anni e guidava i viaggiatori[1]. Ogni città italiana, con le sue architetture, chiese, biblioteche, gabinetti scientifici aveva il suo fascino e soprattutto ognuna vantava le sue attrazioni e feste. Le principali città del Grand Tour furono Venezia, Firenze e Roma. Venezia era la città apprezzata per la forma di governo che era un modello statuale a cui da sempre si guardava con generale ammirazione come a un simbolo di stabilità politica. Dopo la conquista da parte di Napoleone nel 1797, l’idea che i viaggiatori ebbero della Serenissima fu quella di una città ormai decadente.
Firenze, che era lungo il tragitto classico del Grand Tour, era sosta obbligatoria soprattutto per gli inglesi che poterono contare dell’ospitalità del console Horace Mann. Di Firenze si apprezzava la sua cultura rinascimentale che si poteva ammirare ovunque. In Toscana, molti viaggiatori sostavano anche a Livorno, Pisa, Siena ma soprattutto a Lucca: minuscola repubblica destina a sopravvivere fino all’occupazione francese nel 1799. Gli inglesi in particolare apprezzarono di Lucca la sua libertas che portava alla piccola repubblica benefici economici.
Roma era in assoluto la principale destinazione poiché capitale dello Stato Pontificio e sede del papato; essa era una città di rilievo anche a livello internazionale ed era stata scelta da sovrani in esilio come Giacomo III Stuart nel 1719, dopo la decisione di abbandonare la Francia. Inoltre, vi erano attive molte accademie (la più rinomata era quella di San Luca nata nel 1564) e vi affluivano artisti da tutte le realtà italiane e internazionali. Solo più tardi si inserì fra le destinazioni Napoli[2]: infatti una novità sensazionale furono gli scavi di Ercolano (iniziati nel 1738) e Pompei (dal 1748 al 1763) che fecero della città partenopea il luogo dell’antichità per eccellenza. Il mecenatismo della corte borbonico valorizzò lo sviluppo dei vari settori artistici. Fra questi la musica che in quegli anni conobbe la sua stagione più alta. La vita di corte, con le sue feste sontuose e le conversazioni nei salotti, trovò nella musica un piacevole intrattenimento. Si ricorda che passarono da Napoli nel 1706 Georg Friedrich Haendel; nel 1752 il boemo Cristoph Willibald von Gluck; nel 1754 Joahn Christian Bach; nel 1770, Wolfang Amadeus Mozart col padre. Lo splendore della città, dovuta alla cura dei suoi regnanti, e la vivace vita culturale fecero sì che Napoli diventasse una città internazionale e quindi meta imprescindibile del Grand Tour.
Nel Seicento intrepidi viaggiatori come il cartografo Alfred Jouivin de Rocheforte si avventurarono in Sicilia ma perchè l’isola fosse veramente conosciuta furono decisivi i viaggi del diplomatico prussiano von Riedesel e di Brydone, i quali furono i primi a scriverne. Attilio Brilli afferma che il «propulsore effettivo che muove il viaggiatore del XVIII secolo» è «la curiosità, un termine che nulla esclude dal proprio campo d’indagine, sia che si tratti della raccolta di rarità artistiche o naturali, dell’osservazione di fenomeni inconsueti della natura, di usi e costumi di popoli, dell’indagine delle loro economie, sui sistemi legislativi e politici».
- Lo spirito del viaggiatore
I viaggiatori che passano dall’Italia sono tutti fortemente caratterizzati da uno spirito cosmopolita che ha fatto del Grand Tour uno strumento effettivo di incontro e di conoscenze fra intellettuali, aristocratici, uomini di scienza, finanzieri, diplomatici, artisti e studenti di tutta Europa. Si crea tuttavia anche un altro fenomeno, percepibile attraverso le pagine dei resoconti di viaggio, che è lo spostamento sempre più a Sud, dopo la piana di Paestum, dei confini estremi del viaggio, fino a raggiungere via mare la Sicilia (si veda Brydone, Swinburne, Goethe) ma anche verso rotte inedite, come la Corsica raccontata da James Boswell.
De Seta nel suo saggio afferma che è nello «specchio del Grand Tour» che l’Italia assume coscienza di sé: si deve alla formazione di tale coscienza il contributo maggiore che portano proprio i viaggiatori stranieri attraverso la loro diretta esperienza che ha il vantaggio di essere volta a larghe parti della penisola, come si evince dalle fonti letterarie. L’Italia coi suoi diversi paesaggi, la città con i loro contesti monumenti sono uno specchio in cui il viaggiatore riflette la sua immagine e a sua volta interpreta l’immagine del Belpaese.
BIBLIOGRAFIA
R. MAZZEI, Per terra e per acqua: viaggi e viaggiatori nell’ Europa moderna, Carocci, Roma 2014
BRILLI A. , Il viaggio in Italia. Storia di una grande tradizione culturale, Il Mulino, Bologna, 2006
MOZZILLO, L’altra Irlanda: Inglesi in Sicilia tra età dei Lumi e Romanticismo, in «Viaggio nel Sud», I, Viaggiatori stranieri in Sicilia, a cura di E. Kanceff e R. Rampone, Centro Interuniversitario di Ricerche sul Viaggio in Italia, Geneve 1991
C. DE SETA, L’Italia nello specchio del Grand Tour, Rizzoli, Milano, 2014,
[1] R. MAZZEI, Per terra e acqua: viaggi e viaggiatori nell’ Europa Moderna, p. 242
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