Spesso andiamo alle rievocazioni e ci chiediamo “Ma quanto di tutto questo è davvero medievale?”. Scopriamo insieme in che senso alcune cose sono davvero sbagliate e quali invece no!

Cosa sono le rievocazioni?
Con la fine dell’estate avrebbe dovuto arrivare anche la fine della stagione delle feste patronali. È quasi la metà di agosto e per via dell’emergenza Covid sappiamo tutti come è stata ridotta la possibilità di festeggiare o di riunirsi in uno spazio pubblico, cosa che, per l’assenza stessa dei festeggiamenti, offre un’opportunità per riflettere riguardo alla natura delle feste e delle rievocazioni storiche. Cosa sono? Come sono nate? Sono processi culturali di analisi e di rielaborazione storiografica oppure no?
Rispondendo alla prima domanda, c’è da premettere che questo articolo tratta delle rievocazioni medievali, anche se il discorso è facilmente applicable a tutti i tipi di rievocazioni storiche, da quelle più antiche a quelle più contemporanee (se vi dovesse interessare fate un giro sul sito www.rievocare.it e sfogliate informazioni, foto, gallerie e tabelle riepilogative).
Feste e territorio
Le rievocazioni storiche si inseriscono in tutto quell’insieme di feste legate alle tradizioni di un territorio. Esistono due tipologie fondamentali di questo tipo di feste: quelle emblematiche e quelle non emblematiche. Le prime (emblematiche) sono tutte quelle feste che rappresentano la comunità, che ne sono un emblema, un simbolo identitario. Non solo per la comunità stessa, questa tipologia di festeggiamenti è riconosciuta come emblematica, tipica e rappresentante un determinato luogo, anche da altre comunità. Un esempio calzante sono il Calcio Storico fiorentino e il Palio di Siena. Tutti sanno che il Calcio Storico fatto in quel modo c’è solo a Firenze e che il Palio di Siena è emblema della città che lo ospita. Tutta la comunità è concorde al suo interno che quella festa li rappresenta e così, allo stesso modo, sono concordi anche le altre città che vi si mettono in contatto. La seconda tipologia di feste (cioè quelle non emblematiche), invece, raggruppa, molto semplicemente, tutte quelle manifestazioni che non sono ancora diventate simbolo identitario della comunità. Noi ci occuperemo delle feste emblematiche, dal momento che esse, essendone un simbolo, rappresentano chiaramente la cultura, ancorché l’evoluzione culturale, del concetto di medioevo (perché in questo caso, ripeto, ci si occupa di medioevo) come simbolo della comunità.

Cosa sono le feste emblematiche?
Procedendo nel discorso e rispondendo, dunque, alla seconda domanda, c’è da dire che le feste – emblematiche – medievali si dividono in feste in cui il medioevo è soggetto e feste in cui il medioevo è attributo della festa. Molto più semplicemente, quando il medioevo è il soggetto è esso che viene festeggiato. Si tratta di tutte quelle volte in cui abbiamo visto una città cambiare aspetto e darsi una facies medievale, riempirsi di bancarelle e stand che mostrano oggetti e artigianato medievale. Mostrare o voler ricostruire un pezzo di vita medievale è un fenomeno che rientra nella living history, di cui un famoso esempio toscano è quello delle celebrazioni del matrimonio della Bella Cambragina a Serre di Rapolano, una frazione di Rapolano Terme [SI] (informazioni più dettagliate sulla festa si trovano facilmente sul sito del Comune o googlandola direttamente).
Quando il medioevo è attributo, invece, diventa il contesto dentro il quale si sviluppa un festeggiamento, non l’occasione del festeggiamento stesso. Queste particolari feste nascono quando si vuole celebrare un fatto o un avvenimento (che la comunità riconosce come identitario) che si fa risalire al periodo medievale, come per esempio la Fiera di Sant’Orso ad Aosta, il cui anno di fondazione si dice che sia stato proprio l’anno mille, tanto che la fiera quest’anno ha raggiunto la 1020 edizione (si festeggia il 30 e 31 gennaio, pre lockdown quindi).
Queste due feste, quindi, nascono in vari modi, ma questo risponde alla terza domanda.
Varie tipologie di feste medievali
Sono quindi, queste tipologie di feste medievali (anche se sarebbe meglio chiamarle neo-medievali perché sono pochissimi i casi in cui sono attestati un’origine e uno sviluppo continuo di una manifestazione dal periodo medievale ad oggi – e anche quando le prove ci sono il discorso di continuità è sempre molto complesso) che rispondono alla terza domanda posta all’inizio e chiariscono il significato del titolo. Sono rielaborazioni culturali e storiografiche? In verità, sì. Sono però diverse dalle rielaborazioni e dalle analisi fatte dagli accademici, perché nascono con un obiettivo diverso e sono fatte da più persone, spesso diverse dal solo accademico. Nascono infatti con lo scopo di dare alla comunità un simbolo che le rappresenti e che le celebri per un numero di giorni l’anno, cosa che porta più persone all’interno della città a lavorarci: storici, pro loco, sindaco e amministrazione stessa. La ricerca c’è ed è presente per ricostruire un pezzo di passato, ma è chiaramente diversa da quella accademica classica. Il valore di queste feste sta proprio nella riscoperta di una tradizione o di un valore tradizionale legato a un avvenimento (un anniversario di un fatto storico) a un’altra festività (un palio) o semplicemente a un periodo storico (living history), cosa che si ricollega al fenomeno dell’invenzione della tradizione descritto da Hobsbawm nell’omonimo (e famosissimo) libro. Spesso queste rievocazioni sono quasi delle invenzioni di sana pianta, delle rielaborazioni di fatti storici lontano da quella che fu effettivamente la realtà storica dell’avvenimento celebrato (ma anche qui, che cos’è la realtà storica? È un ginepraio e bisogna addentrarvisi con cautela). Eppure, il loro valore sta proprio in questo, nella scelta della riscoperta e della valorizzazione di un fatto che, altrimenti, sarebbe rimasto chiuso in un libro polveroso, dimenticato nell’universo dell’aneddotica e dell’erudizione pura. Scegliendo il medioevo, scegliendo di riportare in auge un avvenimento che, chissà, magari non è nemmeno mai esistito, di fatto si riporta in vita quel periodo storico, lo si rende contemporaneo, e tutta la comunità stessa lo sceglie come proprio rappresentante.
Per questo alla fine, anche se non si trova alle fiere uno stand con del vero cibo medievale, ma un bel cuoppo di roba unta, accompagnato da una birra lavorata con un metodo contemporaneo, alla fine va bene così. Tutta la festa è ricostruita, riattualizzata, porta con sé dei significati culturali che vanno oltre al cibo che si vende per sfamare gli appetiti degli avventori. E, in fondo, dal momento che non si tratta di fiere di ricerca sulla produzione del cibo antico con grani e materie prime antiche, va davvero bene così.
Bibliografia
– Di Carpegna Falconieri e Facchini, Medievalismi italiani, Gangemi Editore, Roma, 2018
– Fabio Mugnaini, Le feste neo-medievali e le rievocazioni storiche contemporanee tra storia, tradizione e patrimonio, Lares, maggio- dicembre 2013, vol. 79
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