Il 14 settembre 2020 sono iniziate nuovamente le scuole. Dell’infanzia, primarie, secondarie, università, tutto è ufficialmente ripartito (in che modo è un altro discorso) il secondo lunedì del nono mese dell’anno. Ma, a proposito di scuola, ora che sta quasi per finire e che iniziano a tirarsi le somme su come si andato l’anno scolastico, noi della Storia degli Storici ci chiediamo: come si studiava nel Medioevo?

Il sistema scolastico medievale

Il sistema scolastico medievale, a partire dall’anno Mille, viene ricordato come basato sull’insegnamento delle sette arti liberali, le quali erano credute essenziali per dare all’uomo una formazione morale. Erano divise in arti del trivium e del quadrivium. Le arti del trivium riguardavano materie facenti riferimento alle scienze umane (intese nel senso di proprie dell’uomo) e del linguaggio e erano la grammatica latina, la retorica (cioè i modelli letterari per scrivere un discorso: una lettera, un trattato, una pagina di storia – tutto quello che per noi rientra nella categoria dei temi di italiano) e la dialettica (cioè la logica, intesa alla greca, dunque come disciplina speculativa). A seguito delle arti del trivio, si passava allo studio di quelle del quadrivium: cioè aritmetica, geometria (intesa come materia per misurare il mondo), musica (la musica e l’aritmetica erano collegate, l’aritmetica è armonia, come la musica, la quale è la perfetta proporzione dei rapporti tra i suoni) e l’astronomia (di concezione tolemaica, cioè era compresa l’astrologia).

I cicli di istruzione: il cursus studiorum

In realtà i gradi di istruzione erano due: il primo livello comprendeva la scuola di base, dove si imparava a leggere, a cantare e a far di conto. Queste abilità venivano insegnate una dopo l’altra, non simultaneamente. La base dell’insegnamento della lettura si faceva sul Salterio – cioè sul libro dei Salmi. Una volta imparato a leggere si passava ai rudimenti di latino e ai bambini venivano fatti imparare a memoria i distica catonis (cioè le sentenze morali di Catone) insieme alle declinazioni e alle basi di grammatica. Si passava dunque al secondo livello con la scuola di grammatica, dove si perfezionavano i rudimenti del latino e la scuola delle sette arti liberali. Nella scuola di grammatica si studiava sull’Ars Minor un manuale che si basava su Virgilio, scritto da Elio Donato (IV sec. d.C.) e pensato per i parlanti latini, non per chi apprendeva la lingua da zero, per cui i maestri medievali ne facevano imparare a memoria intere parti. Completata l’Ars Minor si passava allo studio delle arti liberali tramite l’Ars Maior, il secondo volume scritto da Donato e il canone di auctores presente nelle Istitutiones di Prisciano. Questo canone comprendeva autori che si dovevano assolutamente conoscere (Virgilio, Orazio, Lucano, Cicerone, Sallustio, ecc). La lezione si svolgeva in questo modo: prima della lettura del brano veniva fatta un’intoduzione – accessus – a seguito della quale vi era la lectio, cioè la lettura del brano ad alta voce (cosa che permetteva agli studenti di scriverselo sotto dettatura, spesso su tavolette di cera). Il commento del maestro – pre -lectio – non si svolgeva ovunque e veniva annotato dagli alunni ai margini del testo originale (come si fa ancora oggi). Il giorno dopo ai ragazzi era richiesta la ripetizione a memoria del brano svolto il giorno prima.

La scuola di base prevedeva due o tre livelli della durata di circa un anno, quelle di grammatica, dove lo studente diventava latinantes, cioè studioso della lingua latina, quattro livelli.

Il sistema di apprendimento: la memoria alla base di tutto

Il sistema di apprendimento era molto diverso dal nostro, dal momento che era di tipo sistematico, pratico e mnemonico. Studiare in modo sistematico vuol dire non seguire gli eventi in ordine cronologico, ma andare per temi. Durante il Medioevo, infatti, non si studiava l’epica andando dal poema più antico a quello più contemporaneo perché le cose erano studiate sulla base di macro categorie di tipo formale: si studiavano le poesie liriche tutte insieme, mettendo nello stesso gruppo autori distanti tra loro anche secoli. Tutto questo comportava che la loro visione del mondo fosse simultanea, non cronologica. L’apprendimento, inoltre, era mnemonico: imparavano a memoria copiando e riproducendo modelli, uno perché non è che ci fossero tanti libri da poter consultare ogni volta che si aveva un dubbio e due perché l’apprendimento era legato alla pratica. Dovevi studiare Cicerone? Dovevi scriverne una improntandola sul modello originale, come se fosse stato Cicerone stesso a scriverla. L’originalità (andare fuori dagli schemi) e l’autorialità (rivendicare quello schema nuovo) erano un disvalore: eri bravo se riproducevi fedelmente la tradizione. L’unico modo che si aveva per legittimare un’idea era crearle un sostrato storico – autoriale precedente, cioè affermare che qualcuno lo aveva già detto prima di te.

L1 o L2?

Un altro problema che noi non abbiamo, era che tutto il sistema scolastico, tutto l’apprendimento era in latino, che nella realtà quotidiana non si parlava più. Gli uomini imparavano e studiavano attraverso una lingua che non era la loro. In gergo accademico si dice che l’insegnamento di L2(lingua seconda) passava attraverso manuali L1 (cioè scritti quando L2 era ancora la lingua prima – L1 – quindi quando il latino, per gli uomini del medioevo ormai L2 era parlato).

Breve periodizzazione del cursus studiorum durante il Medioevo

Per concludere, la scuola medievale segue tre grandi fasi di sviluppo: dal I al VI secolo era divisa ancora secondo il sistema romano: cioè in Ludus Litterarius (scuola di base – lo Stato non paga il maestro, ma sono le istituzioni ecclesiastiche – oppure dopo l’anno Mille le stesse famiglie degli studenti nelle scuole laiche -); Scuola di Grammatica e, a seguire, Scuola di Retorica (dove lo stato pagava il Rhetor). A cavallo tra il VII e l’VIII secolo in occidente si perdono quasi tutte le tracce dell’Impero, per cui sono le cattedrali ad ereditare il ruolo di trasmissione dell’istruzione: nascono le Scuole Cattedrali (anche se il termine schola arriva solo con l’epoca carolingia). Gli uomini di chiesa però non hanno bisogno della formazione necessaria a discutere nel foro, quindi molte memorie si perdono! Con i Carolingi invece l’intervento statale si fa ancora più pervasivo di quello presente durante l’Impero Romano. I Carolingi si erano resi conto, infatti, che per mandare avanti il loro Impero era necessario saper comunicare e per poter contare sulla burocrazia era fondamentale formarla in un certo modo. Essi non modificarono la divisione degli studi, ma selezionarono programmi e materie da far svolgere alla futura schiera di burocrati specializzati.

Si studiava, quindi, principalmente nelle chiese, ma la situazione era complessa. Dove non c’erano grandi città (Europa settentrionale – insulare) si studiava nei monasteri, dove c’erano le cattedrali nel capitolo (la sala dove si riuniva il capitolo, cioè il collegio degli ecclesiastici che aiutavano il vescovo a governare la diocesi) e dove non c’erano cattedrali nelle chiese di paese. Senza contare che dall’anno Mille nacquero scuole laiche specializzate, come le scuole di abaco, quelle che per noi sono le scuole tecniche – professionali, necessarie a formare i giovani figli di mercanti o commercianti.

La scuola nel Medioevo è spesso collegata al concetto di Scholastica, la quale tuttavia, si sviluppa completamente nell’ambito di tutti quei cambiamenti che portarono alla nascita e allo sviluppo delle città comunali, cosa che richiede un articolo a parte.

Bibliografia

  • Paolo Rosso, La scuola nel Medioevo. Secoli VI – XV, Carocci Editore, Roma, 2018;
  • Fulvio delle Donne, La Porta del Sapere: cultura alla corte di Federico II di Svevia, Carocci Editore, Roma, 2019;

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