La rivoluzione digitale ha avuto un profondo impatto sul modo in cui la storia viene studiata, analizzata, condivisa e insegnata, oltre che sul modo in cui le fonti che documentano i fenomeni del passato vengono pubblicate, conservate e addirittura prodotte. In tal senso, si assiste ad un cambiamento nella professione dello storico poiché, a fianco della metodologia tradizionale trasformata dall’impatto del digitale e talvolta dall’integrazione di quest’ultima nuovi scenari pubblici si sono venuti a creare, in cui semplici cittadini partecipano del modo in cui la storia è scritta, raccontata, vissuta e condivisa ponendo delle sfide rivolte alla storia accademica. Lo storico dovrebbe perciò interrogarsi sul proprio ruolo all’interno della “società in rete” poiché, con la creazione di nuovi mondi digitali, tutti possono contribuire alla raccolta, all’interpretazione e alla lettura delle testimonianze del passato. In quest’ottica, l’impegno dello storico, colui che conosce il metododi analisi delle fonti, diviene sempre più necessario ed il suo lavoro dovrà essere ricalibrato in relazione alle novità portate, all’interno della ricerca storica, dal digitale. Dovremmo, in tal senso, chiederci se e come “l’irrompere del digitale” abbia cambiato “il modo in cui si fa storia” e interrogarsi sulle “nuove opportunità” e problematiche.

Le nuove opportunità e le problematiche derivanti dall’introduzione di Internet all’interno della ricerca bibliografica e della produzione storiografica possono essere comprese se ci chiariamo meglio le idee sulla questione della critica delle fonti, a prescindere dalla rete. In tal senso, partendo da quella domanda che Bloch sentì fare a un giovane ragazzo a suo padre (“papa, allora spiegami, a cosa serve la storia?”), cosa li spinga a fare ricerca, dovremo chiederci, senza perdere di vista il significato del proprio agire, i diversi e profondi significati della storia ed essere in grado di saperli condividere. Possiamo, del resto, rilevare come l’obiettivo della Public History sia quella di riosservare il metodo di indagine storiografica e di costruire dei sistemi di comunicazione atti a veicolare il messaggio, il contenuto storico, ad un pubblico più ampio possibile. In tal senso, affinché avvenga tutto ciò, dovremo tenere in considerazione la facilità con cui si diffondono “informazioni false o falsate riguardo al passato e al presente” all’interno di “percorsi narrativi” caratterizzati dall’assenza di un ragionamento critico, divenendo strumento di affermazione e non di riflessione critica poichè, nella maggior parte dei casi, non viene richiesta la tracciabilità delle fonti e non si verifica i contenuti. Dovremo perciò, in tal senso, riflettere sulla storia, partendo dal suo carattere soggettivo e indiretto

La storia è soggettiva poiché le ricostruzioni del passato sono effettuate dagli storici e sono il risultato di un’interpretazione data a degli eventi e ai processi che compongono il passato. La conoscenza della storia è indiretta invece perché il passato non esiste più e, come dice Marc Bloch, ne possiamo avere “una conoscenza per tracce”, cioè sulla base di ciò che è rimasto della produzione di una società. Si osserva il passato attraverso delle tracce, ovvero dei documenti del passato: questi sono definiti da Jacques Le Goff come “una cosa che resta. Dovremo, in tal senso, tenendo a mente il fatto che l’oggetto della storia è l’uomo (Marc Bloch, analogia all’orco delle fiabe), rilevare l’utilità dell’interdisciplinarietà (dialogo avvenuto tra Jacques Le Goff e Jean-Pierre Vernant). Perciò, se, da un lato, rileviamo come, grazie alla digitalizzazione delle opere, si possa accedere ad un gran numero di fonti, presenti nelle biblioteche e archivi di tutto il mondo, dovremo altresì considerare la fonte come portatrice di un’interpretazione del passato poiché, come rilevato da Edward H. Carr, i fatti storici non ci giungono mai in forma pura, dal momento che non esistono e non possono esistere: essi ci giungono sempre riflessi nella mente di chi li registra”. L’interpretazione storica si differenzia dall’invenzione letteraria per il fatto di essere subordinata, diversamente da quest’ultima, ad un riscontro nelle fonti: queste devono inoltre essere sottoposte a degli esami volti ad accertarne l’autenticità e l’attendibilità. In tal senso, Federico Chabod distingue “due diversi tipi di esame a cui sottoporre un documento per vagliare l’autenticità”: estrinseco (forma esteriore: un documento altomedievale in carta è falso perché, all’epoca si usava la pergamena) ed intrinseco (il contenuto di un documento e la sua lingua, le indicazioni di luogo e di tempo ed il contesto delle formule usate, verificando così la coerenza del documento).

Dovremo perciò, in conclusione, rilevare come le innovazioni introdotte dal digitale hanno posto in crisi due cardini della storia e della critica delle fonti, ovvero la dimensione del tempo e dello spazio: questo discorso riguarda soprattutto le fonti nate digitale poiché quelle digitalizzate, in linea di massima, possiamo valutarne l’originalità dalla consultazione attraverso la fonte originale (non sempre è possibile perché potrebbe essere andato perduto per diverse ragioni). Dovremo perciò essere consapevoli dei problemi derivanti dalla conservazione (il rischio che vadano perduti con il divenire, rapido, obsoleto da parte dei software che ne hanno permesso la creazione) e catalogazione (la facilità con cui sono modificabili rende difficile datare con certezza il documento e rende complicato il riconoscimento di quale sia il file originale) dei documenti digitali poiché, questi, costituiscono uno degli elementi più importanti nell’ottica di una loro utilizzazione nella costruzione di un libro di storia.

Edoardo Furiesi

BIBLIOGRAFIA:

- H. Bresslau, Manuale di diplomatica per la Germania e l’Italia: esame estrinseco ed intrinseco.
- E. H. Carr, Sei lezioni sulla storia, Einaudi, Torino, 1966.
- F. Chabod, Lezioni di metodo storico, a cura di L. Firpo, Roma-Bari, 2004 [1969].
- J. Le Goff, Documento/monumento, in Storia e memoria.
- J. Le Goff, J.-P. Vernant, Dialogo sulla storia, Editori Laterza, Roma-Bari, (edizione digitale), 2015.
- E. Salvatori, Storia digitale e pubblica: lo storico tra i “nuovi creatori” di storia in Public History: discussioni e pratiche, a cura di P. Bertella Farnetti, L. Bertucelli, A. Botti, Edizioni Mimesis, Milano-Udine, 2017.
- M. Scanagatta, Publi historian, tra ricerca e azione creativa in Public History: discussioni e pratiche, a cura di P. Bertella Farnetti, L. Bertucelli, A. Botti, Edizioni Mimesis, Milano-Udine, 2017.
- H. White, Retorica e storia, 2 voll., Napoli, 1978.

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